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Sardus Pater: Il Culto Segreto della Sardegna Proibita

Sardus Pater: Il Culto Segreto della Sardegna Proibita

La Spiritualità Antica della Sardegna: Miti e Riti nella Religione Primitiva

Il seguente saggio è tratto e basato sull’opera “La religione primitiva in Sardegna” di Raffaele Pettazzoni.

L’indagine sulla religione primitiva in Sardegna, quale si presenta nei frammenti dello studio di Raffaele Pettazzoni, offre uno spaccato affascinante di un sistema di credenze complesso, intessuto di riti ancestrali, figure divine e narrazioni mitiche che affondano le radici nella profondità dei millenni. L’approccio utilizzato, basato sulla ricomposizione di elementi derivanti da ricerche archeologiche, studi letterari e testimonianze folkloristiche, mira a illuminare gli aspetti fondamentali della spiritualità indigena dell’isola, collocandola nel più ampio contesto del bacino del Mediterraneo occidentale e del Nord Africa, con cui presenta significative affinità.

Al centro di questa ricostruzione si pongono diverse tematiche cruciali: il culto dei morti e degli antenati, il culto delle acque sacre e salutari, la figura del dio supremo Sardus Pater con le sue enigmatiche rappresentazioni, l’ordalia come giudizio divino, e le narrazioni mitiche legate alle origini dell’isola e del suo popolo.

Per chi preferisce l’ascolto, ho creato anche un file audio in formato podcast con il riassunto completo dell’articolo. Puoi ascoltarlo mentre sei in viaggio, al lavoro o durante una pausa.

Il Culto dei Morti e la Fede negli Antenati

Uno degli elementi più distintivi e meglio documentati dalle fonti è l’antica usanza funeraria sarda che prevedeva la sepoltura dei defunti in posizione rannicchiata. Questo costume, diffuso non solo in Sardegna ma anche in altre aree geografiche, in particolare nel Nord Africa, suggerisce un sostrato di idee primitive legate al ciclo vita-morte-rinascita.

La posizione fetale potrebbe simboleggiare un ritorno al grembo materno della Terra, in vista di una possibile rinascita o di una continuazione dell’esistenza in un’altra forma. Le fonti notano come questa pratica non si limiti a un mero atteggiamento del dormiente o a una economia di spazio, ma rimandi a concetti più profondi di rinascita o di ritorno al grembo terrestre.

A questo culto dei morti sono strettamente legate le imponenti costruzioni megalitiche note come Tombe dei Giganti. Queste strutture, che si trovano spesso in gruppi e non solo come sepolcri isolati, sono interpretate come luoghi sacri associati alla venerazione degli antenati o di figure eroiche divinizzate.

Le fonti indicano una relazione topografica tra le Tombe dei Giganti e i nuraghi, sebbene non una connessione intima strutturale. Le Tombe dei Giganti erano considerate, secondo alcune interpretazioni, sepolcri di eroi e dèi.

Gli Eroi Dormienti e l’Incubazione

Un aspetto affascinante connesso al culto degli antenati eroizzati è la leggenda degli eroi addormentati, che riposano in tombe o grotte in un sonno secolare. Questa credenza, presente anche in altre culture mediterranee ed europee (come le leggende di Carlo Magno o Federico Barbarossa dormienti nei loro sepolcri), in Sardegna si lega specificamente ai giganti e alle Tombe dei Giganti.

Associata a questi luoghi di sepoltura e alla credenza negli antenati eroici è la pratica dell’incubazione. L’incubazione consisteva nel dormire presso i sepolcri o i santuari sacri con l’intento di ottenere visioni, sogni profetici, consigli divini o guarigioni. Era un rito che permetteva di entrare in contatto con gli spiriti degli avi o con la divinità.

I luoghi adatti per tale pratica dovevano essere sufficientemente ampi e protetti. Le fonti suggeriscono che l’animismo sardo, inteso come culto degli spiriti, fosse in uno stadio evoluto, con pratiche ben definite. La credenza che gli spiriti degli avi potessero indurre sogni o visioni veridiche era radicata.

La pratica dell’incubazione si ritrova anche in altre culture e contesti religiosi, persistendo persino in ambito cristiano presso le tombe dei santi. In Sardegna, è attestata l’usanza di dormire presso le tombe degli eroi-giganti per ottenere visioni. Tertulliano menziona gli “heroes quosdam Sardiniae notat incubatores fani sui visionibus privantem.”

Questo rito, come altre pratiche religiose, riflette una profonda connessione tra il mondo dei vivi e quello dei morti, con i defunti, in particolare gli eroi o gli antenati illustri, che continuano a influenzare la vita dei loro discendenti.

Le fonti menzionano anche i bronzi figurati sardi come possibili rappresentazioni di figure divine o eroiche legate a questo culto.

Il Culto delle Acque Sacre e Miracolose

Un altro pilastro della religione primitiva in Sardegna è il culto delle acque. La venerazione delle fonti, in particolare di quelle termali o salutari, era centrale. Si costruivano santuari e templi, spesso caratterizzati da strutture a tholos o a pozzo sacro, in prossimità di queste sorgenti.

I Santuari Ipogei e il Rito del Giudizio: Scala, Acqua e Cecità

Il rito si svolgeva in santuari dedicati al culto delle acque. Questi luoghi potevano essere templi a cupola o cavità naturali (note come nurras nel Nuorese).

Nei templi a cupola, come quello di Santa Cristina, la struttura comprende una camera circolare che sprofonda sotto il piano del vestibolo. L’accesso a questa camera avviene tramite una scala composta da diversi gradini di pietra, descritta come una scala di tredici gradini che conduce dal vestibolo al fondo della cella.

La scala permetteva al sacerdote di raggiungere una cavità naturale o un vano ricavato nella roccia sottostante. In questo spazio, in un vano apposito, si raccoglieva l’acqua sacra. Le fonti specificano che quest’acqua non proveniva necessariamente da una sorgente, ma era acqua piovana filtrata attraverso la roccia, raccolta in una concavità rupestre.

Il sacerdote (o il solitario sacerdote, nel caso delle nurras) scendeva in questo spazio sotterraneo. Questo atto era parte di operazioni rituali connesse al culto dell’acqua, che includevano aspetti terapeutici e divinatori [come interpretato dalle fonti che descrivono l’acqua salutare e divinatoria, 41, 53, 54, 74].

La scala di discesa simboleggiava forse un percorso rituale verso il mondo sotterraneo o un passaggio per compiere riti. In alcuni casi, come nelle nurras, il sacerdote scendeva nella camera sul cui fondo era posta una lastra per immolare una vittima.

L’acqua sacra raccolta in questi santuari veniva utilizzata per un “giudizio di Dio” o ordalia. Lo scopo principale di questo rituale era scoprire ladri e spergiuri o altri colpevoli di misfatti. Solino attesta che questa acqua era destinata a scoprire gli autori di un furto, forse di qualche altro misfatto.

Sardus Pater: Il culto segreto della Sardegna proibitaLe conseguenze fisiche sui colpevoli

Gli effetti dell’acqua sacra sui colpevoli, in particolare su ladri e spergiuri, erano considerati dannosi. Secondo le fonti:

  • Per coloro che si erano resi colpevoli di furto o spergiuro, l’acqua sacra causava la perdita della vista o la cecità. Solino afferma che le acque salutari in Sardegna, se toccate con gli occhi da coloro che avevano giurato il falso o erano ladri, facevano perdere la vista.

  • In Sicilia, in un’ordalia analoga presso il lago dei Pallici, i colpevoli venivano descritti come furiosamente bolliti a causa delle esalazioni solforose e accecati. Questa punizione seguiva immediatamente.

  • L’acqua sacra era considerata innocua per l’innocente, quasi a dimostrare l’innocenza stessa, ma dannosa e capace di sanzionare la colpevolezza per il trasgressore.

Le fonti descrivono quindi l’acqua sacra di questi antichi santuari non solo come un elemento di culto con virtù terapeutiche per gli innocenti, ma anche come uno strumento per l’amministrazione di una giustizia primitiva, capace di rivelare e punire i colpevoli di furto e spergiuro con una diretta conseguenza fisica: la cecità.

Architetture del Sacro: Il Tempio di Serri

Gli scavi archeologici, come quelli sulla Giara di Serri, hanno rivelato l’esistenza di imponenti edifici cultuali. Il tempio a cupola o a pozzo di Serri, ad esempio, presenta una struttura circolare con un robusto muro megalitico e un accesso che conduce a una camera sotterranea dove si trovava l’acqua sacra.

All’interno di questi recinti sacri si svolgevano cerimonie complesse. Il tempio di Serri è descritto con dettagli: un vestibolo, una scala che scende alla camera circolare ipogea, una sorta di “mensa trapezoidale” per le offerte o sacrifici. Vicino ad essa, si trovava un focolare o forno sacrificale e una bacinella monolitica per le libagioni preliminari.

Si suggerisce che presso l’altare sacrificale si immolasse la vittima, il cui sangue scorreva attraverso un canaletto fino alla “mensa” trapezoidale. Questi luoghi non erano solo edifici di culto nel senso stretto, ma anche spazi di riunione comunitaria, forse teatri primitivi dove si svolgevano gare, danze e canti.

Sardus Pater: Il culto segreto della Sardegna proibita

Virtù dell’Acqua e Paralleli Culturali

L’acqua di queste fonti sacre era ritenuta dotata di virtù curative e purificatrici. Le persone si recavano ai santuari per bere l’acqua, bagnarsi gli occhi o compiere riti per ottenere guarigione o benessere.

Il culto delle acque presenta paralleli in altre culture mediterranee e africane. Santuari presso sorgenti si trovano in Italia, Francia, Inghilterra. In Africa, il culto delle acque è pure diffuso, con credenze sugli spiriti (ginn) che abitano le fonti. L’acqua piovana stessa era considerata un dono divino, invocato contro la siccità.

L’Ordalia Sarda: Il Giudizio Divino attraverso l’Acqua

Strettamente connessa al culto delle acque è la pratica dell’ordalia, o “giudizio di Dio”. L’ordalia era un mezzo per accertare l’innocenza o la colpa, specialmente nei casi di furto o spergiuro.

In Sardegna si praticavano l’ordalia dell’acqua e del fuoco. L’acqua sacra era invocata per manifestare la verità: era creduto che fosse “innocua all’innocente” e dannosa o rivelatrice della colpa per il colpevole. Le fonti sottolineano i paralleli tra l’ordalia sarda e quella praticata in Sicilia e in Africa.

Questa pratica riflette una profonda fiducia nella giustizia divina e nella capacità del divino di intervenire direttamente. L’ordalia sarda è associata alla figura del dio supremo, Sardus Pater, che presiedeva a tali giudizi.

Sardus Pater: Il Dio Padre del Popolo Sardo

La figura centrale della religione primitiva sarda, secondo gli studi presentati, è il dio supremo Sardus Pater. Egli è identificato come il padre del popolo sardo, una divinità indigena che incarna l’identità etnica e spirituale dell’isola.

Raffigurazioni Divine e Attributi Iperantropici

Le fonti menzionano le effigi di Sardus Pater sulle monete romane del 60 a.C., e soprattutto nelle statuette bronzee sarde. Queste presentano spesso quattro occhi e più braccia, simboli di una potenza sovrumana. La loro funzione era votiva e rituale.

Sincretismi e Continuità

Sardus Pater fu assimilato a Baal Hammon, Eracle, Iolao, Zeus e Giove, ma la sua figura rimane al centro del culto come dio padre, protettore, guaritore e giudice.

Narrazioni Mitiche e Origini del Popolo Sardo

Le figure mitiche di Sardos, Iolao e Norace rappresentano le ipostasi eroiche e mitologiche del dio. Iolao è legato agli Iolenses, Sardos al popolo eponimo. Le leggende mitiche raccontano la fondazione dell’isola e dei suoi insediamenti, fondendo mito e religione.

Contesto Mediterraneo e Affinità Sardo-Africane

La Sardegna mostra affinità profonde con il Nord Africa e il bacino del Mediterraneo. Sepolture rannicchiate, ordalie, culti dell’acqua e incubazione trovano paralleli diretti. Anche le pratiche religiose cretesi e maltesi presentano analogie significative.

Sopravvivenze e Persistenze

Molti aspetti della religione primitiva sarda sopravvissero nell’epoca cristiana. L’incubazione presso le tombe passò ai santi cristiani. Il culto delle acque e la venerazione per Sardus Pater si integrarono lentamente nel nuovo contesto religioso, senza sparire del tutto.

Conclusione: Una Religione Complessa e Autoctona

Lo studio, tratto da “La religione primitiva in Sardegna” di Raffaele Pettazzoni, mostra un sistema religioso profondamente radicato nel territorio, con elementi originali e persistenti, in dialogo con le culture vicine ma distintamente sardo.

Una spiritualità che abbraccia morte, rinascita, guarigione, giustizia e appartenenza etnica, testimoniata nei monumenti, nei riti e nei miti della Sardegna più antica.

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