AttualitàMusica e Arte 19 Patrick Pinna 01/08/2025
Il nero non è un colore qualunque.
È il colore dei giudici, dei sacerdoti, dei filosofi.
È il colore del lutto, del silenzio, del limite.
È Saturno: il tempo che consuma tutto, la disciplina che pesa, la morte che non avvisa.
Chi lo indossa con coscienza lo sa.
Per chi preferisce l’ascolto, ho creato anche un file audio in formato podcast con il riassunto completo dell’articolo. Puoi ascoltarlo mentre sei in viaggio, a lavoro o durante una pausa
“Black Sabbath” significa Sabato Nero.
Ma non è una trovata a effetto, è una scelta simbolica potente.
Significa prendere:
Il Sabbat – giorno sacro di riposo, silenzio e riflessione, consacrato al divino,
e rivestirlo di ombra, destino, giudizio.
È Saturno che si fa musica.
È un richiamo all’uomo che deve fermarsi e guardare in faccia ciò che lo spaventa:
la morte, il tempo, il limite.
Il “Saturday” inglese (Saturn’s Day) è il giorno dedicato a Saturno
Saturno è freddo, lento, severo.
È il tempo che divora i suoi figli.
E nella tradizione ebraica, proprio in quel giorno cade il Sabbat, il momento in cui si interrompe ogni attività profana per fermarsi e contemplare.
Ma fermarsi davvero fa paura.
Perché se ti fermi, ti ascolti.
E se ti ascolti, ti rendi conto.
Non dimentichiamolo:
Saturno è Crono.
Il dio che divora i suoi figli,
il tempo che scorre inesorabile,
il giudizio che arriva quando meno te lo aspetti.
È lui il vero protagonista.
Non ha bisogno di nomi o di preghiere:
è la legge del tempo che si compie.
I Black Sabbath suonano la sua voce,
non la nominano, ma la evocano.
Ogni loro nota è il battito del suo cuore antico.
Non è il giorno del relax: è il giorno in cui ci si separa dal mondo.
È un momento sacro, carico di Saturno:
vuoto, solenne, definitivo.
I Black Sabbath hanno preso questo concetto e lo hanno portato all’estremo:
un sabato non per riposare, ma per essere messi a confronto col buio.
I Sabbath non hanno bisogno di nominare Saturno: lo suonano, lo incarnano, lo fanno scendere addosso.
I loro testi sono liturgie nere, riti di consapevolezza.
“What is this that stands before me?
Figure in black which points at me…”
“Oh no, no, please God help me!”
Spiegazione:
Una figura nera compare dal nulla. L’uomo la vede e capisce che non può scappare.
Non è il diavolo da fumetto: è Saturno.
È il momento in cui il tempo si manifesta.
Il panico, il giudizio, il gelo.
La canzone è la messa nera della consapevolezza.
Il sabato diventa nero perché lì tutto si ferma, e tu sei solo con ciò che sei diventato.
“Generals gathered in their masses,
Just like witches at black masses…”
“Satan laughing spreads his wings…”
Spiegazione:
I potenti si riuniscono come in un sabba.
Non è allegoria: è denuncia rituale.
Il potere è visto come un culto, una religione di sangue.
E alla fine arriva il tempo del giudizio: Saturno punisce, senza parlare.
Il sabato è di nuovo presente: è il giorno in cui il mondo viene pesato.
“He was turned to steel in the great magnetic field,
When he travelled time for the future of mankind…”
“Nobody wants him, they just turn their heads…”
Spiegazione:
Un uomo attraversa il tempo. Nessuno lo ascolta.
Torna indurito, implacabile.
È diventato strumento del destino.
È il figlio abbandonato da Crono, che torna a chiudere il ciclo.
Questa non è fantascienza: è archetipica.
È Saturno che ritorna in forma umana per regolare i conti.
“You’re having a good time baby,
But that won’t last…”
“Now you’re gonna die!”
Spiegazione:
La droga è fuga. Ma la fuga ha fine.
La mano del destino — la mano di Saturno — ti prende.
La canzone non ti lascia scampo: ti sbatte in faccia la realtà che hai cercato di evitare.
Il giudizio arriva sempre.
Nel sabato nero, tutto si paga.
(testo poetico e sospeso)
“We sail through endless skies,
Stars shine like eyes…”
Spiegazione:
Qui non c’è paura. C’è sospensione.
È un sabbat cosmico: un viaggio senza tempo.
È la versione contemplativa di Saturno: non ti condanna, ti mostra il vuoto.
Nel buio dello spazio, l’uomo si dissolve.
Questo è il lato sacro del sabato: la meditazione sull’infinito.
sono un richiamo al silenzio, al peso, alla verità che brucia.
“Black Sabbath” non è un marchio.
Non è un omaggio.
È un codice.
Se lo ripeti senza capire, non stai onorando nulla.
Stai solo dimostrando che non sei pronto a sostenerne il significato.
Non serve essere fan.
Serve essere in grado di reggere il silenzio dopo il suono,
perché è lì che inizia il vero sabbat…!
Clicca qui: Leggi l’articolo su Marilyn Manson
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